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Giopistone

Gio Pistone
Italia
  • 2019-10-28 12:00
  • Roma

«Se pur mentre lavoro sono tesa ed ansiosa, nel momento in cui li termino diventano altro da me, figli già grandi.»

di | Pierluigi Pantaleoni

Una delle opere più significative che hai fatto è quella della Grande Madre, la prediletta di Zeus, a Livorno.
Sei partita dalla sua concezione classica di Dea dei boschi, della caccia e della femminilità o di quella più dark come oggetto di culto nella stregoneria della tradizione italiana ed europea?

E’ un’opera importante perché è stato il preludio ad una nuova idea.
Ti spiego.
Ho scelto di disegnare Diana sul muro del centro Rsa Passaponti di Livorno (centro anziani con problemi gravi e non) per dare un segno forte al tema dell’accoglienza nella diversità.
Diana rappresenta in Mitologia l’unione di mondi differenti, vivendo lei stessa con gli Animali nella Natura.
UMANO-NATURLE-ANIMALE in armonia.
Per rappresentare Diana sono partita da entrambe le valenze fondamentali del personaggio di cui mi parli nella domanda, ma infine quella “obscura” è quella che ha prevalso ed ha dato vita al mio progetto attuale legato allo stereotipo femminile ed alla sua storia nei secoli.
Il progetto si chiama VVITCH | STREGA ed è solo all’inizio.
Si tratta di un nuovo impegno focalizzato sul corpo della donna all’interno di alcuni processi storici che da tempo osservo.
Ho scelto questo titolo non tanto per la parte magica del termine che mi interessa solo da un punto di vista iconografico ma per il significato che risiede nell’etimo della parola in italiano.
Strega viene dal latino Strix che vuol dire Civetta, un volatile notturno ritenuto spirito maligno, simbolo delle tenebre e della Morte. La parola Strega nasce come dispregiativo riferito ad un certo tipo di donna: donne di cui si diceva fossero fattucchiere, levatrici, giocassero con erbe e unguenti, praticassero la buona morte, vecchie brutte, sole e senza figli o donne malvage, donne divoratrici di bambini e profanatrici di tombe ma nella realtà donne fragili, facilmente attaccabili da un punto di vista sociale.
Per questo motivo quelle che sono considerate Streghe hanno voluto mantenere questa parola per autodefinirsi quasi come fosse una riappropriazione dello stereotipo negativo, alla stregua delle parole Punk o Negro.
Sto cercando di affrontare questo argomento attraversando storie vere e leggende ponendo attenzione ai mutamenti che lo stereotipo femminile ha subito nel tempo anche attraverso secoli bui come quelli della Santa Inquisizione.
Ho cominciato a raccontare la mia storia in modo libero sui muri, tenendo la meta ben a fuoco e dividendo il cammino in tappe, sperando di rendere agevole seguire il sentiero.
Per ora sono alle prime 4 tappe:
ERDÖ/BOSCO: la nascita dello stereotipo di strega – Torino – maggio 2019
Mascherarsi da animali: travestimenti e riti legati alla natura nelle religioni pagane - Capranica Lazio – giugno 2019
Notturna: preparazione al Sabba, ciclicità e ritualità di una comunità immaginaria - Ponte de Sor Portogallo – luglio 2019
La Mandarra: la prima leggenda di origine lucana che ho affrontato - Stigliano Basilicata – agosto 2019

Chi scrive sui muri sta comunicando.

Pochi mesi fa hai aderito al nuovo progetto di Google Arts & Culture e di INWARD, Osservatorio Nazionale sulla Creatività Urbana che consiste nel digitalizzare le opere di alcuni street artist ed ammirarli comodamente da casa grazie a Street View. Se da una parte questo permetterà a tutti di girare virtualmente l’Italia ed ammirare finalmente l’unica (forse) forma di arte pittorica rimasta dall’altra alcuni integralisti pensano che sia come scendere a patti con il diavolo. Tu che hai pensato aderendo all’iniziativa?

Non sono attentissima alle polemiche di questo specifico mondo, disegno sui muri ma sono sempre più immersa nelle mie ricerche e sempre meno attratta dal resto.

Il muralismo lo vedo in modo semplice, è un tipo di Arte che ha una forza immediata e potente, dunque la uso per comunicare concetti semplici attraverso il mio modo di sentire e vedere il mondo.

Considero il muralismo da una parte un lavoro dall’altra un bisogno, sento la voglia di dire ciò che credo ma ho un’etica molto forte riguardo alle mie scelte, scendo difficilmente a compromessi nel nome di soldi o visibilità.

So bene di cosa parlo perché in passato sono scesa a patti e non mi è piaciuto anzi mi ha creato problemi con me stessa, mi sono disinnamorata del mio lavoro.
Non giudico chi permette di utilizzare il proprio linguaggio ad esempio per la pubblicità, perchè penso che ognuno abbia un proprio percorso, ma forse potrebbe essere una risposta alla tua domanda.
Tra chi fa muralismo, c’è chi è legato molto al buisness e chi è totalmente illegale ed eticamente impeccabile.
Per questi ultimi sarebbe impensabile aiutare un Google o chi per lui a mappare i dipinti nel mondo e lo capisco.
Per quanto riguarda la mia visione, mi trovo nel mezzo dunque comprendo i dubbi ma nel mio caso, posseggo un sito personale, una pagina ed un profilo facebook, un profilo instagram, una pagina vimeo dunque se il problema è “essere o non essere” io ci sono già.

Il rischio più grande per artisti come te è che una tua opera venga cancellata o distrutta. Troppe le minacce, dal vandalismo all’ultimo funzionario comunale che con principi diversi mettono fine alla vita di un’opera.
È un rischio calcolato o credi che, come qualcuno suggerisce, vada istituito un direttivo ad hoc per la tutela di una forma d’arte che ha secoli di vita?

Credo che quello di cui parli faccia parte del gioco.
Le mie opere sono in strada, parto da questo pensiero ed è sempre stato così da quando avevo 17 anni ed attaccavo i miei disegni sul muro con la colla.
Perché dovrebbe essere diverso ora? Il meccanismo rimane lo stesso.
Vandalizzare un disegno non lo trovo tanto strano forse perché ci sono cresciuta e perché fa parte di quello che succede in una città che tra le varie contraddizioni, limitazioni rimane un luogo difficile da vivere.

Chi scrive sui muri sta comunicando.
Attraverso tag e scritte varie vengono tracciati messaggi che chi non sa leggere non può capire, è come entrare in una giungla e non vedere i segnali.
La cosa più interessante è che questo è un linguaggio universale, chi lo conosce, lo legge in ogni parte del mondo e per questo motivo è prezioso secondo me.
L’ultima contro cultura importante di questo secolo è quella dell’HipHop e del graffitismo da qui proveniamo anche noi con la nuova ondata di muralismo.
Per tornare al discorso dei muri, mi è successo molte volte di essere cancellata anche il giorno seguente, certo dispiace quando avviene troppo velocemente, ma la differenza sta nel luogo.
Disegnare per strada è come fare uno spettacolo di teatro per strada, non si è in galleria o in un teatro.
In teatro c’è gente interessata che ama il luogo, esigente si ma è li dentro per guardare uno spettacolo.
Quando fai un disegno o uno spettacolo in strada sei esposto a tutti, l’opera diventa automaticamente parte del paesaggio dunque c’è chi lo odierà perché glielo hai rovinato e chi lo amerà perché lo fa immaginare e sognare.
Poi c’è la notte, dove la tentazione di crossare diventa forte per i vagabondi ed odiatori della bomboletta.
Ad esempio quando ero più giovane ho fatto un disegno nel quartiere di san Lorenzo a Roma, quel disegno è durato 5 anni senza una tag, nulla. Ora è stato cannibalizzato si vede solo il naso che respira sotto una coltre di scritte.
Per cinque anni è stato pulito, questo vuol dire che era stato apprezzato e rispettato.
Molta soddisfazione. Molta di più che se fosse stato restaurato.
Questa arte è effimera perché usa vernici a tempo su muri scalcinati, perché rendere immortale qualcosa che ha le ore contate?
Il rapporto con i miei disegni sul muro è molto strano forse perché sono nata con questa consapevolezza.
Se pur mentre lavoro sono tesa ed ansiosa, nel momento in cui li termino diventano altro da me, figli già grandi.
Spero vivano il più possibile e spesso questo avviene perché ci sono città ospitali che li curano e li proteggono come fossero barche a vela ma mi forzo di preoccuparmene poco, perché sarebbe un inferno la mia vita con più di 50 figli!

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Mi chiamo Gio Pistone.
Sono un’artista di Roma, nota soprattutto per i dipinti sul muro ma nasco dal disegno sul foglio, un’autodidatta convinta.
C’è tanto lavoro dietro ad ogni segno, colore o forma che uso, perché attraverso questi elementi cerco di comunicare la mia visione del mondo.
Amo i colori perchè vederli mi dà sempre un’emozione.
Sono pittrice, scultrice, illustratrice, qualora ci sia un testo.
Ho lavorato con il video e la musica nelle scenografie di teatro. Cerco di spaziare.

A breve con Gio inizieremo a raccontare, attraverso le sue opere, alcune storie e leggende popolari italiane.

Seguitela.

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